19 Ottobre 2017
Parliamo della ormai molto chiaccherata tassa Airbnb, la quale non è altro che una cedolare secca applicata alle locazioni brevi. Perché se ne parla tanto? Perché, a parte il merito di chiarire l’applicabilità della cedolare secca a questo tipo di contratti, impone ad eventuali intermediari di diventare sostituti d’imposta ed espletare degli adempimenti con cadenza mensile. Anche questa potrebbe sembrare una questione sostenibile.
In realtà il problema si pone nella parte in cui viene definito il ruolo dell’intermediario perché vi fanno ricadere qualsiasi soggetto metta in contatto proprietario e conduttore, ed anche il mandatario a titolo oneroso. In sostanza chiunque non essendo il proprietario si occupa di pubblicizzare (Airbnb ed analoghi) o gestire la proprietà.
E’ evidente che portali come Airbnb, Booking e simili potrebbero essere spinti ad abbandonare l’attività in italia perché diventerebbe molto difficile sostenere gli adempimenti, nelle modalità oggi previste dall’Agenzia delle Entrate, per tutti i loro clienti.
Inoltre danneggia alcune persone che, rispettando le regole e pagando le tasse, dopo magari aver perso un lavoro, si sono inventate una nuova professione nel fornire servizi di assistenza ai proprietari che volevano mettere in locazione per un periodo breve la loro abitazione ma non avevano il tempo di seguire personalmente tutti i servizi necessari per fornire uno standard in linea con le richieste del mercato. Questi soggetti non sono nemmeno strutturati per poter svolgere tutti gli adempimenti necessari come sostituti d’imposta.
Questa norma, in sostanza, si trasforma in un deterrente ad una attività che nelle grandi città e nelle località turistiche ha consentito a molte persone, anche di livello sociale non elevato, di avere qualche soldo in più in tasca e di generare un’inversione di tendenza nel lungo ciclo economico negativo che stiamo faticosamente passando.
Il sospetto, più che fondato visto le dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti di Federalberghi, è che questa norma sia stata voluta o quanto meno spinta dalla lobby degli albergatori. E questo è assolutamente lecito.
Meno comprensibile è che il legislatore abbia approvato una norma che potrebbe incidere negativamente sul PIL e che danneggia una fascia molto più ampia di popolazione, sia di coloro che offrono in locazione una loro abitazione, sia di coloro che hanno fruito in questi anni del servizio di locazioni brevi con soddisfazione.
Il fenomeno “locazioni brevi” non ha generato concorrenza con gli alberghi a 4 e 5 stelle ma verso gli alberghi da 1 a 3 stelle che evidentemente hanno un certo peso in Federalberghi. Gli albergatori di questa categoria di alberghi hanno preferito eliminare a livello normativo una concorrenza che li avrebbe dovuti spingere a fare investimenti per migliorare il loro servizio.